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Ma di notte in Rete le regole non valgono più?

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E a mezzanotte tutti a casa. Così non si corre il rischio che la carrozza si ritrasformi in zucca. E poi si ha tutto il tempo di scrivere sui social tutto quello che si vuole, tanto le regole dopo il dodicesimo rintocco non valgono più.

Deve essere questa  la visione del Movimento 5 Stelle che in due giorni ha giustificato con l’ora tarda la pubblicazione di post e tweet di insulti che sono poi diventati anche oggetto di dibattito politico: quelli sessisti contro la presidente della Camera, Laura Boldrini, scaturiti da un video rilanciato da Beppe Grillo dietro la domanda: «Cosa fareste se vi trovaste la Boldrini in auto?»; e quello postato da Claudio Messora, responsabile della comunicazione per il M5S al Senato, che con un tweet ha invitato la Boldrini a non preoccuparsi perché tanto non l’avrebbe stuprata nessuno.

Lo stesso Messora, in un’intervista al Corriere, oggi spiega che la sua era «solo una battuta di mezzanotte» a cui sono poi seguite le scuse. Domenica, invece, per giustificare la presenza dei commenti sessisti contro la numero uno di Montecitorio sotto il post di Grillo, lo staff comunicazione del Movimento aveva spiegato che quei post erano stati «pubblicati di notte» quando non c’è il servizio di moderazione. Che quei commenti non fossero adeguati lo hanno in qualche modo ammesso gli stessi grillini, che li hanno poi cancellati attorno alle 19 del giorno seguente, dopo averli lasciati visibili per buona parte della giornata di sabato.

Delle due vicende è stato dato ampio spazio nelle cronache politiche del Corriere. Viene qui da fare solo una riflessione: può la notte essere una giustificazione a tutto? E ancora: è giusto che chi ha responsabilità istituzionali – un movimento politico, il responsabile comunicazione dello stesso, il suo leader – non consideri una propria responsabilità evitare che le proprie piattaforme diventino il trampolino di lancio di insulti e minacce?

Lo staff comunicazione del M5S, spiegando la faccenda dei commenti sessisti, non ha difeso i commentatori. Anzi, ne ha preso le distanze spiegando che esiste la possibilità di denunciarli e che ognuno si assume le proprie responsabilità. Ma è proprio così? Il tutto si inserisce in un dibattito più ampio sulla cosiddetta libertà della Rete. Cosa intendiamo con questa locuzione, che in Rete tutto è concesso e le regole – e le leggi! – che valgono normalmente nella società e nella vita di tutti i giorni non valgono più? E che valgono ancora meno dopo la mezzanotte? E, ancora: le ingiurie sono meno ingiurie se pronunciate via tweet? Chi gestisce una piattaforma, e questo vale ad esempio anche per i giornali, può lavarsi le mani dei contenuti a cui dà spazio pur essendo scritti da altri?

Personalmente credo che una certa responsabilità ci sia sempre. Anche per questo provo un po’ di fastidio ogni volta che in una short-bio di Twitter leggo la frase «Retweet not endorsement». Piaccia o non piaccia, la sola scelta di fare un retweet è un modo di esprimere un’opinione.  Se non vuoi essere associato al contenuto di qualcosa che posti, semplicemente non lo posti.


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